La Cappella
sistina «è di forma rettangolare e misura 40,93 metri di lunghezza per 13,41 di
larghezza (le dimensioni del Tempio di Salomone, così come vengono riportate
nell'Antico Testamento) [...] Il programma generale della decorazione pittorica
della cappella sistina fu articolato su tre registri dal basso verso l'alto: lo
zoccolo con finti arazzi, il secondo ordine con scene del Vecchio Testamento
(scene della vita di Mosè) e del Nuovo testamento (scene della vita di Cristo)
e infine l'ordine più alto con la rappresentazione di pontefici martirizzati»[1].
Perché le chiese cattoliche prima del novecento facevano questa relazione
artistica tra AT e NT?
Più prospettiva dei principi in: http://www.gloriabellezza.blogspot.it/
Il
tempio è una realtà biblica fondamentale nella relazione tra Dio e gli uomini;
è un segno in cui ci si rivela. Nell’Antico Testamento il tempio fa parte di
una realtà sacerdotale (Gen 14, 18; Es 32, 25-29; Lev 21; Gdc 17, 7-13; 18, 19) e liturgica complessa che comprende precetti
(Lev 1,1 - 27,34), sacrifici (Lev 1,1 - 7,38), preghiera liturgica, e feste
(Lev 8, 10-12. 23,27; Es 40, 34-35; 1Mac 4, 56).
Nel
Nuovo Testamento il tempio è una realtà importante per Gesù[2],
lui come giudeo osserva i precetti: da bambino è stato presentato al tempio
(Cfr. Lc 2, 22-29), a dodici anni parla con maestria ai dottori della legge
(Cfr. Lc 2, 46), poi nella sua vita pubblica vi si è recato lì per le feste e
anche per la sua predicazione (Cfr. Gv 2, 13-14; 5,1.14; 7, 1.10.14; 8, 2; 10,
22-23; 18, 20). Ancora, il tempio si presenta come una realtà enigmatica perche
c’è un legame misterioso tra questo e Gesù: il diavolo trasporta Gesù sopra il
tempio per tentarlo (Cfr. Mt 4, 5); in particolare nell’affermazione: «Distruggi
questo tempio ed io lo ricostruirò in tre giorni» (Gv 2, 19).
Primariamente
il simbolismo del tempio nell’Antico Testamento è riferito al tempio di pietra
di Gerusalemme, che è segno della presenza di Dio tra gli uomini, «ma questo è
un segno provvisorio che nel Nuovo Testamento sarà sostituito da un segno di
un’altra indole: il Corpo di Cristo e la sua chiesa»[3].
Noi al dire il segno del tempio
sappiamo che è un segno capito pian piano, è un segno di diverse realtà,
sappiamo che in genere è riferito alle «maniere diverse con cui Dio ha abitato
fra gli uomini»[4],
maniere ogni volta sempre più alte.
Dal momento dell’Incarnazione fino alla sua ora
Gesù è vissuto come un buon giudeo rispettando i precetti e il segno del tempio
mosaico. È inoltre vero che in questo periodo si trovano segni profetici
sul futuro del segno del tempio. Questo svela la coscienza di Gesù di essere il
nuovo tempio. A noi svela un altro aspetto di carattere simbolico: la
co-esistenza, in questo periodo, dei due templi: «la realtà e il simbolo».
Incontro storico che nella cappella sistina si riflette nel dialogo tra le
scene della vita di Mose e le scene della vita di Cristo nel secondo registro
dei muri laterali. Il simbolo e la realtà si colgono con semplicità perche il
linguaggio artistico esprime la relazioni in una maniera figurativa e
universale (per tutti gli uomini, di tutti i tempi) con una narrativa che
facilita la «comprensibilità» (categoria fondamentale della riforma liturgica[5]).
Sebbene dobbiamo dire che «gran parte dei cristiani d’oggi si trova de facto nello stato
catecumenale, e noi dobbiamo prendere finalmente questo dato sul serio nella
prassi»[6].
L’uomo contemporaneo si muove in un
contesto molto complesso. La cultura del provisorio[7]
e dell’efimero insieme al clima di relativismo e soggetivismo ci fa più
dificile cogliere queste relazioni. Poi c’e un altro problema ancora, che è
quello dell’arte astratta[8].
C’è un certo rifiuto del figurativo, questo per una Chiesa è una dificolta in quanto
nello spazio litúrgico il figurativo è necessario, per raccontare qualcosa che
è storico: il Verbo si è incarnato e YWHW parlò a Mosè. L’arte astratta ha
scelto una strada alle sue radici l’iconoclastia, ed essa è stata superata dal
concilio di Nicea II, questo è un punto a cui si debe rifletere nell’arte del
culto oggi. Un esempio di quest’ultimo è il progetto della parrochia di S.
Ignazio da Laconi in Olbia (OT).
Il suo marco
concettuale e programma iconografico è stupendo (anche confronta AT e NT) , in
fatti è fedele alla Tradizione, al meno in quanto concetto. Il problema è che il risultado progettuale
finale non reflette esso obiettiva e universalmente (per tutti gli uomini)
questo è dovuto alla scelta di linguaggio artistico.
Ora questo non indica
che l’arte d’oggi non sia capace di esprimere il simbolo per portarci alla
realtà, pero gli architetti e artisti d’oggi dobbiamo renderci conto che lo spazio sacro va oltre il tempo ed è una realtà, analógicamente, sacramentale che ha bisogno di materia e forma per essere eficace. (materia e forma = elemento materiale [sensibile] e parola). Questo tema lo riprenderemo dopo.
Fotos:
·
Cappella sistina: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Chapelle_sixtine2.jpg
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Progetto della Parrocchia di S. Ignazio da Laconi in
Olbia: Conferenza
Episcopale Italiana, 21 Progetti in concorso, 36-42.
[1]
Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Cappella_Sistina
[2] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica,
583-586.
[3] X. Léon-Dufour,
Vocabulario de Teología Bíblica, 880.
Traduzione personale dal spagnolo: «Pero se trata sólo de un signo provisional,
que en el NT será sustituido por un signo de otra índole: el Cuerpo de Cristo y
su Iglesia».
[4] J. Daniélou,
Il Segno del Tempio, 8.
[5]
Cfr J. Ratzinger, Teologia della Liturgia. Opera Omnia,
XI, 780-783.
[6] Ibid.
783.
[7]
Francesco I, Parole ai seminaristi,
novizi e novize, 9 de luglio 2013.
[8]
Idea di Ciro Lomonte in Programma
radiofonico Italia chiama Italia di Maurizio
Bertucci.