martedì 11 marzo 2014

Tempio Mosaico e Tempio di Cristo: il simbolo e la realtà



La Cappella sistina «è di forma rettangolare e misura 40,93 metri di lunghezza per 13,41 di larghezza (le dimensioni del Tempio di Salomone, così come vengono riportate nell'Antico Testamento) [...] Il programma generale della decorazione pittorica della cappella sistina fu articolato su tre registri dal basso verso l'alto: lo zoccolo con finti arazzi, il secondo ordine con scene del Vecchio Testamento (scene della vita di Mosè) e del Nuovo testamento (scene della vita di Cristo) e infine l'ordine più alto con la rappresentazione di pontefici martirizzati»[1]. Perché le chiese cattoliche prima del novecento facevano questa relazione artistica tra AT e NT?

Il tempio è una realtà biblica fondamentale nella relazione tra Dio e gli uomini; è un segno in cui ci si rivela. Nell’Antico Testamento il tempio fa parte di una realtà sacerdotale (Gen 14, 18; Es 32, 25-29; Lev 21; Gdc 17, 7-13; 18, 19)  e liturgica complessa che comprende precetti (Lev 1,1 - 27,34), sacrifici (Lev 1,1 - 7,38), preghiera liturgica, e feste (Lev 8, 10-12. 23,27; Es 40, 34-35; 1Mac 4, 56).
Nel Nuovo Testamento il tempio è una realtà importante per Gesù[2], lui come giudeo osserva i precetti: da bambino è stato presentato al tempio (Cfr. Lc 2, 22-29), a dodici anni parla con maestria ai dottori della legge (Cfr. Lc 2, 46), poi nella sua vita pubblica vi si è recato lì per le feste e anche per la sua predicazione (Cfr. Gv 2, 13-14; 5,1.14; 7, 1.10.14; 8, 2; 10, 22-23; 18, 20). Ancora, il tempio si presenta come una realtà enigmatica perche c’è un legame misterioso tra questo e Gesù: il diavolo trasporta Gesù sopra il tempio per tentarlo (Cfr. Mt 4, 5); in particolare nell’affermazione: «Distruggi questo tempio ed io lo ricostruirò in tre giorni» (Gv 2, 19).
Primariamente il simbolismo del tempio nell’Antico Testamento è riferito al tempio di pietra di Gerusalemme, che è segno della presenza di Dio tra gli uomini, «ma questo è un segno provvisorio che nel Nuovo Testamento sarà sostituito da un segno di un’altra indole: il Corpo di Cristo e la sua chiesa»[3]. Noi al dire il segno del tempio sappiamo che è un segno capito pian piano, è un segno di diverse realtà, sappiamo che in genere è riferito alle «maniere diverse con cui Dio ha abitato fra gli uomini»[4], maniere ogni volta sempre più alte.
Dal momento dell’Incarnazione fino alla sua ora Gesù è vissuto come un buon giudeo rispettando i precetti e il segno del tempio mosaico. È inoltre vero che in questo periodo si trovano segni profetici sul futuro del segno del tempio. Questo svela la coscienza di Gesù di essere il nuovo tempio. A noi svela un altro aspetto di carattere simbolico: la co-esistenza, in questo periodo, dei due templi: «la realtà e il simbolo». Incontro storico che nella cappella sistina si riflette nel dialogo tra le scene della vita di Mose e le scene della vita di Cristo nel secondo registro dei muri laterali. Il simbolo e la realtà si colgono con semplicità perche il linguaggio artistico esprime la relazioni in una maniera figurativa e universale (per tutti gli uomini, di tutti i tempi) con una narrativa che facilita la «comprensibilità» (categoria fondamentale della riforma liturgica[5]). Sebbene dobbiamo dire che «gran parte dei cristiani d’oggi  si trova de facto nello stato catecumenale, e noi dobbiamo prendere finalmente questo dato sul serio nella prassi»[6].
 
L’uomo contemporaneo si muove in un contesto molto complesso. La cultura del provisorio[7] e dell’efimero insieme al clima di relativismo e soggetivismo ci fa più dificile cogliere queste relazioni. Poi c’e un altro problema ancora, che è quello dell’arte astratta[8]. C’è un certo rifiuto del figurativo, questo per una Chiesa è una dificolta in quanto nello spazio litúrgico il figurativo è necessario, per raccontare qualcosa che è storico: il Verbo si è incarnato e YWHW parlò a Mosè. L’arte astratta ha scelto una strada alle sue radici l’iconoclastia, ed essa è stata superata dal concilio di Nicea II, questo è un punto a cui si debe rifletere nell’arte del culto oggi. Un esempio di quest’ultimo è il progetto della parrochia di S. Ignazio da Laconi in Olbia (OT).
 

Il suo marco concettuale e programma iconografico è stupendo (anche confronta AT e NT) , in fatti è fedele alla Tradizione, al meno in quanto concetto.  Il problema è che il risultado progettuale finale non reflette esso obiettiva e universalmente (per tutti gli uomini) questo è dovuto alla scelta di linguaggio artistico.
Ora questo non indica che l’arte d’oggi non sia capace di esprimere il simbolo per portarci alla realtà, pero gli architetti e artisti d’oggi dobbiamo renderci conto che lo spazio sacro va oltre il tempo ed è una realtà, analógicamente, sacramentale che ha bisogno di materia e forma per essere eficace. (materia e forma = elemento materiale  [sensibile] e parola). Questo tema lo riprenderemo dopo. 

 
 Più prospettiva dei principi in: http://www.gloriabellezza.blogspot.it/
Fotos:
·         Cappella sistina: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Chapelle_sixtine2.jpg
·         Progetto della Parrocchia di S. Ignazio da Laconi in Olbia: Conferenza Episcopale Italiana, 21 Progetti in concorso, 36-42.




[1] Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Cappella_Sistina
[2]  Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 583-586.
[3] X. Léon-Dufour, Vocabulario de Teología Bíblica, 880. Traduzione personale dal spagnolo: «Pero se trata sólo de un signo provisional, que en el NT será sustituido por un signo de otra índole: el Cuerpo de Cristo y su Iglesia».
[4]  J. Daniélou, Il Segno del Tempio, 8.
[5] Cfr J. Ratzinger, Teologia della Liturgia. Opera Omnia, XI, 780-783.
[6]  Ibid. 783.
[7]   Francesco I, Parole ai seminaristi, novizi e novize, 9 de luglio 2013.
[8]  Idea di Ciro Lomonte in Programma radiofonico Italia chiama Italia di Maurizio Bertucci.